Selvanesco e dintorni

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Per la maggior parte degli automobilisti della zona 5, Selvanesco richiama una simpatica stradina di campagna, molto utilizzata per il trasferimento tra via Ripamonti e via dei Missaglia, prima che il solito “genio urbanistico” la chiudesse in uno dei due sensi, causando gravi probliemi a chi doveva raggiungerne i primi fabbricati (allungamento del tragitto di circa 7 chilometri, per altrettanto inquinamento aggiuntivo).
In realtà questo toponimo, derivante in maniera chiara da uno o più boschi (selve) oppure da un Silvano (che comunque richiama alle selve), fa riferimento ad un interessante e storico agglomerato, di cui rimangono pressochè intatte interessanti testimonianze.
Iniziamo dall’Abbazia di Selvanesco, inserita nell’omonima azienda agricola, che forse era in origine un fortilizio (la sua posizione leggermente elevata e la roggia che la circonda suggerirebbero questa ipotesi); e che per certo appartenne nel sedicesimo secolo ai Monaci Benedettini; la casa padronale (forse secentesca) reca un’impronta vistosamente neogotica risalente all’Ottocento. Integra è invece la Cappella, la cosiddetta Abbazia di Selvanesco, risalente al Cinquecento, in cui ancora nel 1930 si trovavano affreschi manieristi, una sontuosa balaustra e una originale acquasantiera forse donata dai Certosini di Pavia. Sull’altare, inoltre, si trovava una pala di Aurelio Luini (noto pittore del Cinquecento, figlio di Bernardino ed autore di notevoli opere quale la Santa Tecla nella sacristia del Duomo) inquadrata in una cornice di Martino Bassi (di cui si ricorda la cupola di San Lorenzo); la tela fu poi venduta e sostituita. Il campanile pare risalga al 1647; la facciata presenta quattro lesene, due per parte, ed in mezzo un ingresso sormontato da un timpano piccolo che richiama quello grande che sormonta la facciata stessa; entrambi hanno sulla cima una sfera.
A poca distanza, sempre sulla via Selvanesco, si trova la Cascina Gaggioli, nota per la vendita diretta di prodotti agricoli. Strutturata come una cascina a corte quadrata, tipica della pianura lombarda, la cascina si trova all’interno del Parco Agricolo Sud Milano e si estende su una superficie di circa 44 ettari, completamente irrigui.
L’impianto originario risale probabilmente al medioevo, in quanto già nel 1200 tutta l’area di Selvanesco era di proprietà dei Torriani, signori di Milano, che predisposero i terreni per l’irrigazione. La struttura attuale risale circa alla metà del diciannovesimo secolo, come testimoniano le date incise su alcuni manufatti in granito che costituivano le prese d’acqua per le marcite, ivi numerose.
Tutti gli edifici, sia le abitazioni che le stalle, come pure i fabbricati di servizio, sono affacciati sull’aia, centro della vita della cascina. Intorno al nucleo aziendale si estendono i campi coltivati secondo il metodo dell’agricoltura biologica, che producono i foraggi per il bestiame, il riso, il grano e il mais da polenta che è possibile acquistare nella bottega della cascina. Nella stalla vengono invece allevati bovini di razza Limousine (nella mandria delle vacche sono presenti il toro per la monta naturale ed i vitelli, che rimangono con le madri per circa otto mesi); l’alimentazione è costituita da fieno e da mais, entrambi prodotti in azienda, e da mangime di composizione completamente vegetale.
A poca distanza verso nord si trova Cascina Pozzolo, posta quasi in corrispondenza all’anello del tram 24, sul lato est della via Ripamonti; da parecchi anni ospita un locale pubblico per la ristorazione, e all’inizio del XX secolo ospitò il municipio del Comune di Vigentino, poi spostato in via Noto prima dell’annessione da parte del Comune di Milano avvenuta nel 1923. Fino agli anni ’60 del ventesimio secolo l’edificio recava sulla facciata lo stemma della famiglia Caimi. La cascina prende il nome dall’omonmo fontanile che vi scorre a poca distanza; l’altro corso d’acqua che passa nei suoi pressi è il cavo Danese, derivato nel 1563 dalla roggia Vettabbia su progetto dell’ingegner Carminati Brambilla per volere del patrizio Danese Filiodoni.
Anche la cascina Vigorelli, sita poco più a nord sul lato sinistro della via Ripamonti, in una fila di casette basse, ha ospitato per lungo tempo un’osteria omonima, che recentemente è stata trasformata in ristorante, caratterizzata da un verde ed ombroso pergolato, tuttora visibile e fruibile...